04
Set
2014

La ricerca della felicità: una sfida nel percorso di vita dell'uomo

La ricerca della felicità: una sfida nel percorso di vita dell'uomo
Silvio Barbieri

E se ce l'avessimo a portata di mano, sapremmo riconoscerla?

Nelle librerie di tutto il mondo la maggior parte degli scaffali dedicati alla psicologia sono riempiti da libri che trattano il difficile argomento della felicità dando regole e consigli per vivere nel benessere, felici e in pace con se stessi e gli altri.
Che cos'è la felicità? Una bella parola? Nei ritmi frenetici del quotidiano, nel fare senza sosta, a volte senza possibilità riflettere, non siamo in grando di riconoscere la felicità; quasi non ci sentiamo in diritto di dire a noi stessi o agli altri  "sono felice".
Eppure la storia, la letteratura, ogni ambito della cultura del passato come del presente testimonia come ogni uomo agisca  persegua un fine preciso: la ricerca della felicità. Spesso tale ricerca si concretizza nell'impegno a fare del proprio meglio.
E' questa la condizione di quel lavoro continuo che occorre fare su noi stessi, che passa dalla cura del nostro corpo e delle nostre emozioni e dalla capacità, quindi, di instaurare relazioni affettive e sociali in cui investire con la propria creatività personale.
L'amore dell'altro è il fulcro centrale, in tutte le sue forme e manifestazioni, che sia amore filiale, fraterno, di coppia o sociale. Deve ricoprire, però, una volontà di scambio, di accettazione del diverso, di lasciare spazio all'altro, piuttosto che la ricerca di qualcosa o qualcuno che sia a nostra immagine e somiglianza. Nel relazionarsi, infatti, esiste la dimensione del vincolo che scelgo volontariamente e la provocazione della diversità;  la reciprocità che consenta di instaurare legami solidi  di carattere familiare,  educativo, professionale ecc...


Le relazioni procedono a fasi e ad ogni fase corrisponde uno snodo che è al contempo naturale e critico: fasi alterne nella vita di coppia, la nascita di un figlio, passaggi di età nelle relazioni educative, smarrimenti, stress provocato da eventi quotidiani e allora che fare? Occorre riprendere in mano "la capacità di fare del proprio meglio" chiarendo quali sono i motivi che ci preoccupano, individuando le risorse personali che possiamo mettere in campo, migliorando le proprie capacità di relazione, cercando soluzioni appropriate, assumendosi la propria responsabilità. La responsabilità di chiedersi se ho fatto del mio meglio, se ho esplorato le possibili conseguenze del mio agire in quella relazione, in quel legame, sapendo che, se la relazione non è un semplice aggregato di due singoli, le mie azioni non sono "neutre", ma potranno portare beneficio o danneggiare l'altro o gli altri.
Il desiderio di felicità è quindi inseparabile dall'esistenza umana e dall'esperienza educativa.
La felicità di questo mondo, non è magia, non è predeterminata, non è stabile e immutabile. Non è altrove rispetto all'esistenza quotidiana.
Sebbene deperibile e passibile di perdita, essa è un bene che si può conseguire e migliorare, anche in maniera durevole, nutrendo affetti a partire dalla propria autostima. Sono felice con l'altro e con gli altri se so stare bene anche da solo.
La felicità, infatti, passa dalle relazioni affettive tra persone che sanno gustare la vita da soli, tra persone che si arricchiscono nella reciproca diversità, ma senza troppo dipendere emotivamente le une dalle altre.


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