30
Giu
2017

Psicologia: la sindrome di Peter Pan

Psicologia: la sindrome di Peter Pan
Marco Zorzetto

Come riconoscere ed affrontare gli uomini “Peter Pan”? Scopriamolo insieme...

Sono quelli che non crescono mai, gli eterni adolescenti con una carta di identità troppo datata per definirsi tali; non si assumono responsabilità, si rifiutano di crescere, si comportano e ragionano come dei "bambinoni" viziati. Sono molti, forse troppi e i dati sono alquanto allarmanti: studi di psicoterapia segnalano un incremento sempre maggiore di uomini ultraquarantenni affetti dalla sindrome dell'immaturità. Ne parliamo con il Dott. Attorre, psicoterapeuta, che ci delinea un identikit dettagliato di questi soggetti. 

Che cos’è la "Sindrome di Perter Pan"?
Conosciuta anche con il nome di nanotenia psichica, non è una vera e propria malattia, ma una condizione psicologica che colpisce uomini che pur sviluppando una grande intelligenza, una buona integrazione in ambito sociale e lavorativo ed un particolare fascino agli occhi degli altri, sono totalmente incapaci di impegnarsi in relazioni autentiche, a qualsiasi livello. Fuggono da qualsiasi responsabilità, e tendono a farsi notare con comportamenti narcisistici e manipolatori. Sostanzialmente sono eterni adolescenti e, come tali, ribelli, rabbiosi, impulsivi, vanitosi e narcisisti, infine profondamente fragili e dipendenti da figure in grado di accudirli e guidarli.

Come si riconoscono questi uomini? 
Il prototipo è un po' il ragazzo di buona famiglia, con studi alle spalle, di età in genere tra i 30 ed i 40 anni. Riconoscerlo è facile, perché come tratto distintivo ha uno stile di vita che richiama parecchio quello dei ragazzi: si lascia andare a esternazioni puerili, frequenta bar, sale giochi e campi di calcio, va spesso in compagnia di persone più giovani, ama farsi notare in auto ed è sempre in cerca di attenzione. Nei casi in cui si infila in una relazione, lo fa con una donna-mamma, ma la cosa che più di tutte lo caratterizza è quel senso di allegria che lo circonda, anche se poi è sempre insoddisfatto.

Quali sono le cause di questa condizione?
Le cause sono molto probabilmente legate ad un senso di iperprotezione da parte dei genitori, sfociato nella scelta di sostituirsi al figlio nelle situazioni difficili da risolvere. Genitori sempre ipercritici nei confronti del figlio, ma alla fine accondiscendenti su tutto, superficiali quando si tratta di affrontare tematiche importanti come la sessualità e la affettività, lamentosi ed insoddisfatti della propria posizione sociale e professionale che finiscono in qualche modo per sopportare. Genitori, infine, che probabilmente non sono stati in grado di amare adeguatamente.

Che conseguenza può portare nella vita di coppia?
Nella vita di coppia le conseguenze sono prevedibili: mancanza di regole e dunque disordine di emozioni, stati d’animo, sentimenti. L’eterno Peter Pan non sa essere empatico, dunque non sa sentire l’emozione dell’altro, per questo non riuscirà a fermarsi se la sua partner soffre, perché non se ne accorge, e non gliene frega nulla. La relazione si mantiene su un livello di estrema superficialità e non sarà mai autentica.

E se vi sono dei figli?
Se ha dei figli sarà un padre che pretenderà molto da loro, criticandoli spesso, proprio come capitava a lui, ma allo stesso tempo mancherà di autenticità anche con loro, non riuscendo ad essergli complice in alcun modo e dunque lasciandoli praticamente soli nel percorso di crescita.

Perché questa sindrome colpisce maggiormente il sesso maschile?
Viene colpito per lo più il sesso maschile perché le ragazze portano dentro sé innato il senso di contenimento, custodendo l’utero, per cui riescono a gestire assai meglio emozioni e situazioni, a differenza dei maschietti che si ritrovano assai più fragili, specie nel tempo della pubertà, e vivono questo bisogno di dipendenza dalla mamma proprio come forte protezione.

Quindi non sono comunque escluse anche le donne?
Il numero di donne con la stessa sindrome è in continua crescita. Questo perché molte ragazze fanno fatica ad instaurare un buono rapporto con la propria mamma, finendo per non riuscire ad identificarsi in lei, dunque a non desiderare di diventare adulte per non ritrovarsi ad essere come lei. Molte altre invece sviluppano la sindrome di Wendy e si ritrovano crocerossine responsabilizzate molto oltre la loro età, obbligate a prendersi cura quasi di tutti, compresi gli eterni Peter Pan.

Come uscire da questo problema?
Per uscirne occorre fare un bel lavoro di cambiamento, ma occorre soprattutto imparare a «fare» realmente da soli, pur sbagliando, perdendo qualcosa a cui non si sarebbe voluto rinunciare. Accettare gli errori e crescere grazie a quegli errori è il primo step terapeutico per aiutare ragazzi, eterni insicuri, che credono nelle favole semplicemente per paura di fare esperienza della realtà nel suo bello e poi perderlo.  

 



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